Riscoprire il Femminile

Riscoprire il Femminile

Patrizia Cotti è una guaritrice che vive e lavora a Locarno. La sua formazione è stata ricca e varia e ha comportanto numerosi viaggi che spesso si sono rivelati autentiche iniziazioni. Oltre che sulla guarigione, lavora in particolare sulla riscoperta del valore del Femminile.

Leggendo la tua biografia ho scoperto che hai iniziato la carriera in modo molto ‘normale’ come fisioterapista. Come sei diventata guaritrice?
Dopo la scuola di fisioterapia, ho lavorato per due o tre anni. Già in quel periodo ho constatato che, quando avevo fatto festa la sera prima, o ero molto stanca, lavoravo meglio di quando ero riposata. In altre parole ottenevo migliori risultati se mi lasciavo guidare dall’intuizione. Poi ho avuto l’opportunità di andare in Cina a studiare medicina cinese e in particolare agopuntura. Dopo aver concluso un corso di due anni, ho ripreso a lavorare come fisioterapista in un ospedale a Shanghai.
Un giorno, durante la mia pausa-pranzo, ero nel mio ufficio all’ospedale,  quando mi telefona un conoscente italiano, anche lui residente in Cina, e mi dice che ha un dolore che dal costato scende fino all’inguine. È preoccupato e mi chiede che cosa può fare. Io gli rispondo senza riflettere di lasciar fare a me. Poi comincio a lavorare con le mani sul lato destro del mio costato. Le mie mani si muovono quasi senza che io lo voglia. Dopo una ventina di minuti il movimento si ferma. Impiego un certo tempo a chiamare il mio conoscente perché non riesco a raggiungere energeticamente il cellulare ma quando finalmente lo chiamo, mi dice che il dolore è scomparso esattamente un minuto prima.
La stessa cosa si è  ripetuta, con persone diverse. Una sera, ero fuori a cena quando mi ha telefonato una signora che non conoscevo per dirmi che aveva un problema a un orecchio. Lo stesso procedimento si è ripetuto all’altezza dell’orecchio, e  anche lei mi ha telefonato il giorno dopo per dirmi che il problema era scomparso. Mesi dopo, sono partita per un viaggio in Egitto e al ritorno, sempre a Shanghai, ho sentito una voce interiore che mi diceva: “It’s time to work as a healer” (è tempo che tu lavori come guaritrice). Il giorno dopo ho dato le dimissioni dall’ospedale e ho iniziato a lavorare come guaritrice.

Sempre a Shanghai?
Sì, sempre a Shanghai.

Che importanza ha avuto lo spaesamento, il fatto di essere lontana dal Ticino e da tutto l’ambiento che conoscevi, in questo sblocco del tuo dono?
Penso che per ognuno di noi esistano dei luoghi portatori di memorie. Nel mio caso, la Cina ha avuto un ruolo nel far riaffiorare ciò che era probabilmente una memoria. D’altro canto è vero che essere lontana dal mio ambiente ha facilitato il passo da fisioterapista a guaritrice. Se fossi rimasta in Ticino sarebbe stato sicuramente molto più difficile lasciare una via che sembrava sicura e tracciata in anticipo.

Quindi è stato difficile, all’inizio, essere guaritrice  in Ticino?
Sì, è stato difficile, dichiararmi guaritrice una volta tornata a casa. Per un po’ ho lavorato anche come fisioterapista, tenendo un piede di qua e uno di là. Ho impiegato otto anni a vincere le mie paure e a farmi conoscere per quello che sono. Prima di tornare, avevo studiato Reiki, proprio con l’idea che dovevo avere un’etichetta riconosciuta. Poi in verità mi sono resa conto che quello che avevo ricevuto dal mondo dello spirito nei primi anni di lavoro come guaritrice era il mio cammino più autentico.

Come lavori?
Mi lascio guidare, dall’inizio alla fine. Lavoro a occhi chiusi. Le mani vanno dove sento che devono andare. Quindi non posso dire che ho delle tecniche precise. Ho fatto dei lavori su di me per trasformare i miei condizionamenti. Quello che è successo in questi undici anni, da quando ho ricevuto il primo messaggio, è che sono comparse delle forme di lavoro che uso quando mi pare appropriato. Uso il suono, lasciando uscire la voce. Altre volte uso il soffio, per pulire o aprire. Talvolta ci sono altre modalità come un’energia più mirata e uso la punta delle dita come una specie di laser, oppure il palmo della mano per un lavoro più diffuso, e ampio.

Usi anche dei prodotti?
Uso i fiori di Bach, oppure i fiori californiani. E poi uso gli olii alchemici delle dee, che sono un modo di lavorare sul femminile.

Perché lavorare in particolare sul femminile?
Credo che l’aspetto femminile sia molto importante in questo tempo cosmico, in cui il femminile sta riprendendo il suo spazio. Sono convinta che ciò permetterà anche al maschile di riprendere il suo posto, perché oggi nemmeno il maschile sta bene là dove si trova. Entrambe le energie vivono particolari distorsioni e difficoltà. Oggi c’è un forte richiamo a riportare a galla la conoscenza al femminile.

Che cosa sono gli olii delle dee?
Gli olii alchemici delle dee sono la creazione di Yvette Sitten, originaria di Singapore ma residente in Nuova Zelanda. Nel 2013 ho sentito un richiamo della terra neozelandese e delle grandi madri di quella terra. Proprio in quel periodo, per una di quelle sincronicità che spesso avvengono quando esiste una connessione, ho ricevuto una telefonata da un’amica che avevo conosciuto a Shanghai e che ora sta a Londra. Questa amica mi ha detto che aveva intenzione di partire per un mese in Nuova Zelanda e io mi sono immediatamente aggregata a lei. In Nuova Zelanda abbiamo fatto una formazione con Yvette ed è stato l’inizio di un percorso sul femminile, per ritrovare il mio femminile e riconoscermi come portatrice di questo valore dimenticato. In questo lavoro gli olii mi hanno aiutato molto perché sono potenti.

Quali sono le dee connesse agli olii?
Non sono tutte dee occidentali. Vi è ad esempio Kwan Yin, che è la dea cinese della compassione; c’è Lakshmi, la dea idiana dell’abbondanza; c’è Maria Maddalena, riesumata da un passato in cui le era stato attribuito un ruolo che non era il suo; c’è la Vergine Maria che lavora sul chakra della gola, portando il Verbo, mentre Maria Maddalena lavora sul risveglio della kundalini. Poi c’è Diana, l’Amazzone, che lavora sul secondo chakra anteriore e quindi permette di focalizzare nella direzione voluta; c’è Beloved che è Shiva, ossia un maschile che porta tuttavia a manifestare il femminile all’interno del maschile …

Molti parlano di impennata evolutiva, ma a prima vista l’epoca attuale appare difficile, buia.
Viviamo in un mondo duale, quindi è vero che questo è un momento difficile, un momento in cui le vecchie strutture si devono rompere per far posto alle nuove, ma anche alle antiche, legate alla conoscenza antica, in connubio con la modernità. Nel lavoro vedo uscire vecchie strutture che stanno emergendo per essere trasformate. Il nostro servizio a noi stessi è quello di lasciarle emergere senza farsi trasportare da un turbinio mentale di paura e dolore. Il senso del mio lavoro è di accompagnare le persone verso la guarigione.

Chi viene da te?
In questi dodici anni di esperienza ho visto un po’ di tutto. All’inizio, a Shanghai, quando sono passata da fisioterapista a guaritrice, sono arrivate da me soprattutto persone con problemi fisici. Poi hanno cominciato ad arrivare persone afflitte da attacchi di panico e paure. Tornando in Svizzera, ho trovato persone con traumi fisici, dolori di schiena, sciatica, problemi di udito, ma anche persone che hanno subito traumi psichici, persone depresse, con problemi di sonno…  Soprattutto di questi tempi ci sono molte persone in bilico tra lo stare bene e lo stare male. Disturbi che erano nascosti tendono ad affiorare.

Ci sono cose che non si possono trattare?
Finora non mi è mai successo di trovare mali che non si possono trattare. Mi è capitato invece di trovare persone che non posso aiutare, vuoi perché non sono pronte vuoi perché ci sono degli impedimenti e non siamo in sintonia. A volte il percorso è breve, solo un paio di sedute, altre volte può durare più a lungo. Credo che abbiamo di vederci come veramente siamo e anche di diventare più belli, più forti, più veri…

Fai anche dei lavori sciamanici di gruppo in natura?
Quando sono tornata dalla Cina, ho sentito che dovevo fare un lavoro sul ripristino dei luoghi energetici. Quindi ho lavorato con il geobiologo Claudio Andretta. Dopodiché ho anche aggiunto cose mie, come il seguire il ritmo delle stagioni e così via. Non so se questi lavori possono essere definiti sciamanici. Talvolta qualcuno mi chiama sciamana, ma non è così importante come vengo chiamata, bensì quello che faccio e come lo faccio. Per me questi lavori erano un modo di unire la guarigione a momenti particolari come equinozi e solstizi, attraverso il tempo cosmico che stavamo attraversando in quel momento, attraverso gli olii alchemici, attraverso le persone presenti. È stato un periodo di esplorazione. Ora però sento che è tempo di tornare alle origini e di fare quello che mi viene richiesto dal mondo dello spirito, non di decidere io quello che mi piacerebbe fare, perché sono lavori su due livelli diversi.

Usi i fiori di Bach?
Si, uso i fiori di Bach perché, come diceva appunto il dottor Edward Bach, la malattia è un allontanamento dalla propria anima. I fiori vanno a lavorare su moltissimi strati e fanno parte della medicina del futuro, che sarà la medicina vibrazionale e informazionale. Informazione e vibrazione portano a fare salti quantici. Quindi uso i Fiori di Bach, i Fiori australiani, uso gli olii alchemici e uso le nuove essenze elaborate da Yvette che vanno a lavorare sulla coscienza cristica e che sono basate sulle informazioni portate dalle farfalle.

Hai accennato ai tempi che stiamo vivendo. C’è qualcosa che vorresti aggiungere a questo proposito?
Vorrei mandare un messaggio a coloro che hanno paura di portare guarigione a sé stessi. Vorrei dire loro di non aver paura, perché questo è un tempo in cui le paure vengono scatenate, ma ciò avviene per darci l’opportunità di trasformare la paura. Siamo cresciuti in una società che ci ha abituati ad andare dal medico per il dolore fisico e dallo psichiatra o dallo psicologo per un problema psichico. Oggigiorno possiamo anche ampliare questa visione, perché non c’è solo il mio dolore: c’è un mondo vastissimo. Si lavora sul ginocchio, e ci si occupa anche delle memorie che sono registrate in quel ginocchio. Ad esempio della paura di camminare con le proprie gambe, di essere indipendenti e di trovare la forza interiore. Stiamo vivendo un periodo che richiede moltissimo coraggio, ossia azione del cuore.

Per saperne di più: https://www.unsoleunaluce.com

 

 

 

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