Volti dell’omeopatia
Un metodo omeopatico elaborato da una biochimica tedesca che si distacca dall’unicismo senza rinnegare i principi fondamentali di Hanemann. Intervista a Susanna Waldvogel.
Tutti, o quasi tutti, sappiamo che cos’è il metodo omeopatico, scoperto circa due secoli fa da un medico tedesco di nome Hahnemann. Il carattere rivoluzionario dell’omeopatia, sta nel principio del curare il simile con il simile, o più precisamente nel somministrare al paziente dosi minime nel prodotto che, in dosi massicce gli procurerebbe precisamente il sintomo di cui soffre. Così, tanto per fare un esempio, la puntura di un’ape vien curata proprio con un rimedio chiamato Apis e che contiene in dosi minime il veleno dell’insetto in questione. Quello che spesso il grande pubblico ignora è l’esistenza, all’interno stesso del metodo, di varie scuole che si basano su principi diversi e utilizzano metodi differenti. Oltre a quella che potremmo chiamare “omeopatia da supermercato” che si basa su una serie composti di rimedi che il paziente può autoprescriversi a seconda del disturbo di cui è affetto e che pertanto non tengono conto di uno dei principi base dell’omeopatia: quello di curare il paziente e non la malattia, vi sono tra gli omeopati diverse correnti e tendenze. Nel parliamo con Susanna Waldvogel, naturopata e omeopata, seguace proprio di una delle scuole più nuove generate dall’omeopatia.
Potrebbe citarmi alcune delle differenze che si manifestano attualmente nella pratica dell’omeopatia? Esistono scuole che, per la diagnosi e la scelta del rimedio da somministrare, tengono conto di altre tipologie psicofisiche oltre a quelle stabilite da Hahnemann nei suoi miasmi. I miasmi, come spesso si dimentica, sono le tre modalità di espressione della malattia scoperte da Hahnemann nel corso delle sue ricerche. Ne faccio una brevissima descrizione in ordine di gravità: un primo miasma è la psora che si manifesta attraverso malattie espresse ad un livello periferico, come appunto in un disturbo cutaneo. In altre parole il corpo riesce a difendersi e gli organi interni non vengono attaccati. Poi vi è la sicosi, dove la malattia si cronicizza ma resta contenuta, come nel caso di una cisti o di un tumore benigno. Infine la lue, dove il disturbo si esprime come malattia degenerativa che non attacca solo un organo, ma tutto un sistema di organi. A questo stadio la malattia è grave e porta non di rado alla morte. Esiste anche un quarto tipo di miasma, il tubercolinico, che comunque si può assimilare alla psora, in quanto la malattia gioca tra la pelle e i polmoni.
Ma questi miasmi da dove provengono? I miasmi sono spesso di natura ereditaria, ma la loro manifestazione dipende dallo stato di salute e anche dall’età del paziente. Una persona giovane, salvo eccezioni, manifesta piuttosto disturbi di tipo superficiale. Con l’età, se non si cura, o se si limita a prendere medicamenti che sopprino il sintomo, tenderà a manifestare malattie sempre più profonde ed estese, di tipo luetico, per intenderci.
Questo è un insegnamento base di tutte le scuole omeopatiche? Infatti. Esistono poi scuole che insegnano a stabilire la diagnosi e la cura non solo in base al miasma, ma anche al tipo psicofisico cui appartiene il paziente. I tipi sono essenzialmente tre: il sulfurico che è intellettuale, ascetico, propenso ai problemi di pelle, il fosforico, sognatore, spesso stanco e affetto solitamente da disturbi respiratori o intestinali e infine il carbonico, grasso e flaccido, e piuttosto privo di interessi. Queste sono solo alcune delle caratteristiche dei tre tipi il più delle volte non si manifestano allo stato puro, ma al contrario si combinano in ogni singolo individuo. La scuola francese riconosce un quarto tipo, il fluorico, caratterizzato, tra le altre cose da un metabolismo veloce e da ligamenti molto elastici. In fondo queste tre tipologie ricordano in un certo senso i tipi riconosciuti dalla vecchia medicina: sanguigno, linfatico e flemmatico.
Che cosa differenza ancora le diverse scuole? Direi che uno dei punti fondamentali è la scelta dei rimedi o del rimedio. Perché una delle scuole tradizionali la scuola cosiddetta “unicista” cura ogni individuo con un solo rimedio alla volta, in base a quanto stabilito da Hahnemann.
Lei è unicista? No, non lo sono.
Perché, visto che si tratta dell’insegnamento del fondatore? Perché ai tempi di Hahnemann le malattie erano “semplici”, se così posso dire. Le persone vivevano in un ambiente non inquinato, il cibo era meno raffinato e meno trattato con conservanti e additivi chimici e inoltre non esistevano né vaccinazioni né la varietà di medicamenti che vi sono oggi. Certo, forse vi era meno igiene, ma comunque chi aveva una malattia, aveva quella e basta. Invece oggi le malattie sono solitamente composite, proprio per i motivi che ho elencato prima. Inoltre questa situazione ormai si protrae da varie generazioni quindi anche da un punto di vista ereditario tutto è molto più complesso.
Quanti rimedi somministra di solito? Dipende dal disturbo, ovviamente e anche dall’età. Un bambino di solito ha bisogno solo di due o tre rimedi, ma in una persona di trenta o quarant’anni la situazione diventa più complessa. Infatti, quando si somministra un rimedio, si toglie solo uno “strato” di malessere: il disturbo più acuto. Dopo solitamente viene a galla qualcos’altro, tanto che il paziente a volte può anche avvertire un peggioramento. Quindi, tanto vale prevenire il problema, somministrando subito tutti i rimedi richiesti dai vari “quadri” latenti, in modo che la guarigione sia rapida e completa.
Ma come si possono scoprire questi disturbi non manifestati? Attraverso un attento studio dell’anamnesi e del miasma ereditario.
Chi è il caposcuola di questo metodo? Si tratta di Karin Lenger, una dottoressa in biochimica che ha lavorato a lungo alla Deutsche Homöopatische Union (DHU) nel campo della ricerca. Ha studiato a lungo il metodo hahnemaniano e ha compiuto profonde ricerche prima di sviluppare la sua teoria.
Parliamo dei rimedi. Sappiamo che si tratta di sostanze molto diluite e che, paradossalmente, più alta è la diluzione, più il rimedio viene considerato forte. Quali diluzioni somministra? Dilui
zioni alte. Il fatto è che il rimedio non è solo dluito, ma anche dinamizzato attraverso un procedimento di agitazione che in pratica stacca l’informazione dalla materia e inoltre fornisce energia al rimedio. Ora il corpo del paziente non ha solo bisogno di informazione, ha anche bisogno di energia per poter rispondere. L’apporto di energia facilita la risposta ed evita il cosiddetto “peggioramento omeopatico” che certi pazienti temono molto. Tra l’altro recentemente la dottoressa Lenger ha compiuto un esperimento, usando delle apparecchiature ideate da Nicholas Tesla, ed è riuscita a dimostrare che i nosodi omeopatici sono in realtà delle medicine energetiche in quanto contendono una forma molto sottile di energia. Purtroppo le riviste scientifiche hanno rifiutato gli articolo che aveva scritto sul suo esperimento.
Secondo alcuni omeopati le diluzioni alte sono per i disturbi psichici, mentre quelle basse sono per il fisico. Che cosa ne pensa? Non sono di questo parere perché non mi sento di distinguere il corpo dalla psiche. Ogni nostra malattia parte anche da un disturbo di tipo psicologico. Con un rimedio ad alta diluzione, ad alta potenza, si va a toccare anche il punto di partenza della malattia. Bisogna tener presente che in omeopatia si lavora sempre su più livelli, non solo sul fisico. Hahnemann parlava addirittura di attivare il “medico interiore”. Non di rado, con la scomparsa del sintomo fisico, il paziente prende improvvisamente coscienza di un malessere psicologico, di un problema nella sua vita che prima aveva rimosso. Perché, come dico a volte, il corpo ci aiuta a portare la croce. Ciò che non riusciamo ad affrontare a livello psicologico va nel corpo.
Che cosa succede a questo punto? Ciascuno è libero di scegliere. Ci sono persone che preferiscono persino tenersi il disturbo fisico piuttosto che affrontare il processo trasformativo che verrebbe richiesto per una guarigione completa. Ma se si fa veramente il passo è bellissimo vedere come poi cambiano anche le situazioni esterne. Ho avuto il caso di una ragazza che non trovava lavoro e che in seguito a ciò aveva problemi di salute. Quando si è curata non solo fisicamente, ma anche attraverso un cammino personale, ha trovato il lavoro.
Florinda Balli