Esplorare le vite precedenti per migliorare se stessi

Esplorare le vite precedenti per migliorare se stessi

Viktoria G. Duda è ipnoterapista e scrittrice. Pratica la regressione alle vite passate come forma di terapia, ma anche come metodo di evoluzione personale. È tornata da poco in Ungheria dopo aver vissuto per un decennio a Londra. A Miami ha parlato degli aspetti terapeutici della retrocognizione, o conoscenza delle vite precedenti, tema che affronta anche in questa intervista.

La regressione alle vite precedenti è terapeutica?
Lo è se il paziente è pronto.

 Come scopri se i tuoi pazienti lo sono? Solitamente il solo fatto di chiedere di fare una regressione indica che lo sono. Tuttavia domando sempre quali sono i motivi che li spingono venire da me. Se sono validi, se dicono ad esempio che vogliono conoscere il senso della propria vita, che vogliono sapere come aiutare gli altri, se mostrano compassione verso il prossimo, allora sono praticamente sicura che la regressione sarà loro utile. Se invece i loro moventi sono egoistici, se dicono, che so, che vogliono sapere perché una certa persona si comporta in un certo modo con loro, se vogliono diventare più ricchi, avere più successo e così via, allora capisco che devo essere prudente perché per loro la regressione sarà soltanto una perdita di tempo.

Perché? Quello che cercano queste persone è un modo per semplificarsi la vita, mentre il processo di regressione, una volta iniziato, ti porta a compiere nuovi sforzi e ad affrontare nuove fatiche. Scoprire le proprie vite precedenti non è una passeggiata, almeno in un primo tempo. Certo alla fine la vita risulta più ricca e migliore, ma in un primo tempo bisogna essere pronti ad affrontare non poche difficoltà.

In fondo è un po’ come una psicanalisi? Esattamente. È un po’ come il lavoro sull’ombra che fanno gli junghiani: scopri dei lati della tua personalità che non ti piacciono e che hai sempre tentato di sopprimere.

Lati negativi? A volte sì. Altre volte invece si tratta di lati positivi ma che non corrispondono a ciò che tu vorresti essere. Ad esempio può darsi che tu scopra di possedere un talento artistico che non vuoi coltivare perché preferisci avere una carriera sicura in banca.  

Durante la tua conferenza hai detto che non dobbiamo farci illusioni su chi eravamo nelle nostre vite precedenti. Perché? Se partiamo dall’idea che siamo a questo mondo per evolverci, allora possiamo dedurre logicamente che ciò che siamo oggi è la nostra versione migliore in assoluto. Ma non vorrei sembrare troppo categorica. Non escludo che qualcuno abbia avuto degli incidenti di percorso. Tuttavia in generale possiamo affermare che ciò che siamo ora è il punto massimo di evoluzione mai raggiunto dal nostro essere. Perciò ci vuole anche molta umiltà per fare questo lavoro, perché probabilmente dovremo identificarci con personaggi che oggi considereremmo come primitivi, rozzi, violenti e così via.

Come procedi in pratica nelle regressioni? Induco uno stato di profondo rilassamento nel soggetto. In questo stato, come è stato appurato da una serie di esami con la risonanza magnetica, le persone sperimentano una serie di onde alfa e theta, ossia onde di calma, alle quali si mischiava di tanto in tanto un richiamo che riportava le onde a un livello normale di veglia. Questi picchi corrispondevano solitamente alle visioni di vite passate.

Non è traumatico rivivere episodi violenti o terrorizzanti? Solitamente invito le persone a prendere le distanze da ciò che vedono. È un processo che viene chiamato dissociazione. Si calma la persona dicendole che si tratta solo di un ricordo e che deve guardarlo con distacco, come se vedesse un film.  Un’altra tecnica consiste nel provare empatia con i propri nemici di allora. A volte capita che qualcuno si indigni con un personaggio che li ha trattati male, ma il più delle volte riesco a placare questi sentimenti dicendo all’interessato: “Aspetta, tu non sai quello che hai fatto a tua volta!” Infatti tutti noi abbiamo commesso delitti nel corso di alcune delle nostre vite, per cui dobbiamo sì condannare il peccato, ma non il peccatore. Questa comprensione è assolutamente fondamentale secondo me.

Come nel caso della donna che aveva visto una vita in cui era stata uccisa da un nazista? Ho citato quel caso nel corso della mia conferenza al congresso dell’IAC proprio perché è emblematico. Con la mia cliente abbiamo esaminato la vita di quell’uomo e abbiamo capito che si era trovato invischiato nelle spire del delitto non perché era un mostro, ma perché era un ragazzotto ingenuo e debole, insegnante di ginnastica, che era entrato nella Hitlerjugend perché attratto dall’esaltazione dello sport e della vita sana che era una delle basi della propaganda nazista. Poi naturalmente non aveva più avuto il coraggio di uscirne. Vedere gli aspetti umani dei propri nemici, le loro debolezze, è importantissimo nel processo di rivisitazione delle vite passate.

Quali sono gli effetti di questa visione? Le persone diventano più tolleranti e vedono la vita da un punto di vista totalmente diverso. Si può parlare di un cambiamento di paradigma, ma che si manifesta anche nelle piccole cose del quotidiano. Smetti di tormentarti per tante sciocchezze. Incominci a vedere la vita come una commedia, dove ciascuno recita una parte. In questo modo l’identità personale, l’appartenenza nazionale, la professione, lo status sociale vengono relativizzati perché si sa che tutto finirà con la morte. La cosa importante non è chi siamo, ma come ci comportiamo, sia che siamo principi o mendicanti, perché è il nostro comportamento che determinerà il nostro futuro, anche dopo la morte.

Non ti sono capitati casi in cui il ricordo di una vita precedente provocava problemi? Casi di autentica terapia della reincarnazione? Finora no, ma vorrei studiare più a fondo certi disturbi psicologici, come ad esempio quelli in cui una persona, pur essendo perfettamente sana mentalmente e fisicamente, si sente disabile, o desidera addirittura essere amputata senza che ci sa nessun motivo clinico per farlo. Non posso non ipotizzare che queste persone sono ossessionate dal ricordo di una vita precedente, un ricordo non assimilato e che è rimasto fissato nel corpo energetico. Credo che in questi casi sarebbe molto utile far capire che si tratta di un ricordo che in sé non ha nulla di negativo, ma che non deve per forza essere riprodotto in questa vita.

Come sei arrivata a occuparti di vite passate? L’idea della reincarnazione mi ha sempre affascinato da un punto di vista filosofico.  Nella prima gioventù ero molto vicina al buddismo. A quei tempi ho vissuto per un anno negli Stati Uniti, a Washington, e là ho svolto parecchio lavoro volontario per i rifugiati tibetani e ho ascoltato gli insegnamenti del Dalai Lama. Tutto però restava a un livello molto teorico. Poi è stato come se una voce interiore mi sussurrasse all’orecchio con insistenza di approfondire l’argomento. Ho trovato un libro, uno dei classici della regressione e sono stata letteralmente costretta a comprarlo nonostante che la mia parte razionale lottasse caparbiamente contro tale decisione. La ragione mi diceva: “Lascia perdere, quella è roba esoterica, fa le cose normali, cura le fobie come fanno gli ipnoterapisti normali”. Poi, per caso, qualcuno ha detto di aver visto in internet un test che ti permetteva di scoprire il tuo compito nella vita. In sostanza si trattava di prendere un foglio di scriverci sopra: “Lo scopo della mia vita è…” e poi di cominciare a elencare tutto quello che ti passava per la testa. Ad un certo punto esaurivi le idee, avevi voglia di alzarti, di farti un caffè e di lasciar perdere tutto, ma era importante continuare a scrivere, perché ad un certo punto ti sarebbe uscita una frase particolare e rileggendola ti saresti messo a piangere. Quella sarebbe stata la risposta. Ricordo di aver pensato che di sicuro non mi sarei messa a piangere, ma ho voluto comunque tentare. Tutto si è svolto come da manuale: dapprima ho scritto cose ovvie, poi mi sono inventata delle riposte, a un certo punto mi è venuta voglia di mollare, ma ho resistito finché mi è uscita questa frase: “Lo scopo della tua vita è di capire finalmente il passato, il presente e il futuro e come interagiscono”. Rileggendola sono scoppiata in un pianto dirotto e ho saputo con certezza che dovevo studiare la reincarnazione. Naturalmente la mia razionalità ha protestato: “Dimentica tutte queste sciocchezze e torna a lavorare seriamente”. Ma in qualche modo la vita non mi ha permesso di dare ascolto a questo mio lato. Mi è capitato fra le mani un libro e ho cominciato a sperimentare con me stessa, cercando le mie vite passate. Poi qualcuno mi ha chiesto di fargli fare una regressione, poi un’altra persona mi ha fatto la stessa richiesta e piano piano mi sono trovata a lavorare come lavoro oggi. Non tornerei indietro: è affascinante.

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