Un legame indissolubile

Un legame indissolubile

“La prima pagina del libro della vita si deve ancora scrivere, poiché nessuno ha cercato di scoprire le esigenze del nuovo essere umano. La vita dell’embrione e le vicissitudini del bambino sono decisive per la salute dell’adulto e per l’avvenire della razza. Come mai, allora, la nascita, il momento più difficile che l’uomo abbia da superare in tutta la vita, non viene presa in considerazione ? Nessuno vede nel bambino appena nato, l’essere umano che soffre, né pensa all’estrema sensibilità di un corpicino che nessuno ha mai toccato, alle sue reazioni alle innumerevoli nuove impressioni fisiche, ad ogni contatto inusitato”. (Maria Montessori)

Incontro con Janine Koch, terapista complementare in ambito pre, peri e post natale e consulente PSE – Pronto Soccorso Emozionale

a cura di Natascia Bandecchi

Il periodo prenatale inizia dal concepimento ed è la formazione dell’essere umano: dalla creazione alla crescita. Un corpo dentro un altro corpo che cresce. Più questa creatura é in contatto con la mamma – e con il papà – più c’é un legame attraverso cui il bambino non ancora nato si sente il benvenuto. C’é una grande differenza se una gravidanza é desiderata, se il bambino é aspettato con gioia, e se viene accompagnato per tutto il periodo di gestazione mentre é nel ventre materno. Più questo periodo é vissuto insieme, più successivamente sarà presente il desiderio e l’impulso di uscire.

Il momento della nascita é prezioso e può condizionare l’esistenza del nascituro
Se c’è un buon legame tra mamma e bambino, non è difficile immaginarsi che il bambino sarà più motivato di venire al mondo, e la mamma di conoscerlo. Se, durante il cammino verso la luce,  c’é sintonia tra entrambi, se la natura ha la possibilità di fare il suo decorso e sono rispettati sia i tempi del bambino che della mamma – senza interventi esterni – più questo processo fisiologico viene rispettato e più questo cammino é fluido. Vivere insieme la dimensione del parto, malgrado le difficoltà: uscire dal ventre materno, passare dalle ossa della mamma, dove tutto é molto stretto e richiede al corpo di modificarsi, di girare la testa. C’é bisogno della fondamentale partecipazione della mamma che facilita il passaggio. Dal momento che questo viaggio arriva a conclusione con le proprie forze porta al neonato e alla sua mamma un incredibile senso di soddisfazione e vittoria: “ce l’abbiamo fatta”. È una grandissima spinta di autostima. Quando poi I due protagonisti si ritrovano all’esterno in un abbraccio, il bambino ne riconosce il suo odore, il gusto e magari trova anche il papà, lì allora é come ritornare a casa. Quando incontra lo sguardo della mamma avviene la magia: si riconoscono. Si crea qualcosa di incredibile, riceve un dono che può essere racchiuso in queste parole: “é tutto giusto così com’é, io sono giusto così come sono e sono al posto giusto”. Questo sentire, questo tipo di imprinting, é il più bel regalo che si può fare ad un essere umano. C’é un continuum tra il legame intrauterino pre-natale e quello post-natale. Tutto é semplice nonostante l’adattamento alla vita non sia così evidente.

Può capitare che il momento del parto non sia fluido, come descritto precedentemente: ci possono essere imprevisti, stasi, interventi medicalizzati,etc.
Noi definiamo il legame che esiste tra mamma e neonato come un cordone.
In caso di stress, di senso di sopraffazione o di paura il contatto energetico si indebolisce e questo cordone si assottiglia.Il mio lavoro é quello di accompagnare mamma e bambino nel rinforzarenuovamente questo cordone. Vivere un parto con difficoltà di qualsiasi genere é difficile sia per la mamma che per il bambino. Ci sono dei parti in cui la mamma si trova talmente in sofferenza e dissociata che fatica a riconoscere il proprio figlio,e/o a rallegrarsi per la sua venuta al mondo. È importante quindi ricucire e rendere più solido e forte questo cordone del legame.

Durante le tue sessioni cosa avviene ?
Dal momento in cui chiunque entri dalla mia porta (mamme in attesa, mamma e neonato, adulto che “ieri” ha vissuto una nascita difficile) la mia parola chiave é: accoglienza. Per me é importante accoglierli come coppia – mamma e bambino (se c’é anche il papà, meglio ancora) – e individualmente. Non dobbiamo dimenticarci che se la donna ha avuto difficoltà durante il parto anche il compagno ha vissuto con lei un momento di vita impegnativo, l’impotenza di non poter aiutare la propria compagna e il proprio figlio.
Quando entro in contatto con il neonato chiedo subito, senza verbalizzare: “chi sei ? Da dove arrivi? Cosa hai vissuto?” E gli dico anche: “ti chiedo di avere un pò di pazienza, prima mi occupo della tua mamma”. Se non ho la mamma e/o il papà, a bordo con me, non inizio a lavorare con il bambino, perciò do sempre precedenza alla mamma benché interiormente, telepaticamente, dico al neonato: “ti vedo, ti sento, sono qui per te”. Di solito parto sempre dal presente chiedendo quale é il disagio e/o la difficoltà attuale e, mentre ascolto la mamma raccontarsi, guardo il bambino che di certo qualcosa ha sempre da comunicare:  con i gesti, il corpo o il pianto. Il mio lavoro iniziale si basa sull’ascolto, sull’osservare e creare un nuovo modo di relazionarsi, di collegarsi tra mamma e bambino. Stimolo la mamma a farsi delle domande, del tipo: “secondo te cosa desidera comunicarti ora il tuo bambino?”. Oltre a creare un trait-d’unioncon il neonato, invito la mamma ad ascoltarsi e sentire come sta il suo corpo e il suo respiro, che sensazioni prova e dove. Nel Pronto Soccorso Emozionale é importante instaurare una connessione con la persona con cui si lavora e quindi il tatto é uno dei primi sensi che può venir introdotto con l’appoggio della mano della terapeuta che crea un ponte emozionale che porta il messaggio: “c’é qualcuno per te” – perché spesso il genitore nel momento di difficoltà/stress si è sentito perso e solo. Creata la connessione si lavora con il respiro e con la percezione del corpo si instaura quello che in gergo noi chiamiamo, autolegame. Un pò come tornare a casa, uno spazio in cui la mamma si possa sentire radicata e non più nella testa dove sostanzialmente si cercano sempre delle soluzioni, perdendo di vista il sentire più profondo di sé stessi. Dal “fuori” si torna “dentro”. Più la mamma é fuori é più il bambino si sente di riflesso perso. È un pò come se ci fosse un faro ma di notte, se il faro non é acceso, la nave può perdersi e cozzare contro uno scoglio. Se la mamma é presa dallepreoccupazioni e dall’impotenza, alla ricerca di soluzioni é altrove con la testa e quindi non é presente nel proprio corpo, né a se stessa, né a suo figlio. Il primo passo che compio con la mamma é quello di accendere il faro tornando a sé con il respiro e la consapevolezza. A questo punto possono succedere due cose: il bambino si rilassa sul petto della mamma oppure può scoppiare in un grande pianto liberatorio e in questa fase di frequente anche la mamma lascia andare le sue lacrime – avviene un rilascio emozionale da ambo le parti che porta a un maggior contatto che riforza il loro legame.
E’ importante sapere che il bambino é competente da sempre, ha solo bisogno di essere visto, ascoltato e possibilmente capito.

Qual’é la scintilla che ti ha fatto scegliere questo cammino professionale ?
Tra le mie formazioni c’é anche quella di “operatrice AquaBalancing” – lavoro corporeo in acqua calda 34-35°. Da qui é scoccata la scintilla verso quello che pratico oggi. Il fatto di accompagnare le persone sott’acqua – e anche io stessa quando ricevevo delle sessioni – mi accorgevo di entrare in spazi particolari. La temperatura dell’acqua calda é simile a quella in cui ci si ritrova nel liquido amniotico nel ventre della mamma. Le persone che accompagnavo durante questi viaggi in acqua calda sentivano sensazioni, emozioni, immagini, che arrivavano istantaneamente. Da allora la mia ricerca é iniziata, ed ho seguito un seminario introduttivo sulle conseguenze psicologiche su traumi pre e peri natale. Dopo la prima giornata di corso ho sentito di essere al posto giusto nel momento giusto. Quello é stato il giorno in cui mi sono tuffata a capo fitto in quella “disciplina” che  apre un mondo di comprensione su chi siamo e da dove veniamo, un mondoricco di significato. Ho sempre amato viaggiare, ma questo viaggio dentro di me non l’avevo mai assaporato prima. È stato curioso, perché in questo percorso ho capito perché sono così come sono. Sono stata una bimba desiderata, prima figlia di due genitori che si amavano tantissimo, sono nata a casa. Apparentemente potrebbe sembrare il quadretto perfetto ma, guarda caso, c’era qualcosa che ha adombrato la mia nascita: mio papà aspettava un maschio. Il giorno della mia nascita si era addirittura incravattato perché aspettava un “lui”. Cosa si annidava dentro di me al momento di venire alla luce quindi ? Il senso di “non essere giusta”. Il parto di mia mamma fu molto difficile, avevo la testa grande e abbiamo fatto entrambe una fatica colossale. Mia mamma era stremata e non abbiamo potuto essere in contatto come la natura aveva in serbo per noi. Oggi riconosco in me il fatto di essere molto perseverante, forte, determinata, ma per gran parte della mia vita anche la difficoltà nel mostrarmi perché percepivo la sensazione di non essere abbastanza brava, di non essere all’altezza. Ho amato mio papà incredibilmente ma era sempre acceso in me il desiderio di eccellere in tutto davanti ai suoi occhi…ma per me non era mai sufficiente. Questo atteggiamento l’ho trasferito anche nelle relazioni sentimentali oltre a quelle. Il tema erano le aspettative a 360 ° soprattutto io nei miei confronti, ma anche degli altri nei miei confronti e miei nei confronti degli altri. E’ stato doloroso e faticoso. Lavorare su me stessa, e scoprire che questo atteggiamento fa parte della mia storia iniziale, mi ha permesso di andare a guardarlo con cura e precisione, di capirlo e di accettarlo. Mi sono presa in braccio la mia piccola Janine e l’ho cullata dicendole che mi dispiaceva. Da lì qualcosa si é sciolto. Oggi ho finalmente meno bisogno del riconoscimento esterno e questo da una grande sensazione di pace.

Letture consigliate:“La forza del legame” di Thomas Harms
Maggiori informazioni:

www.janine-koch.ch

email: jaan.koch@ticino.com

 

 

 

 

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