L’alchimia celeste di William Shakespeare

L’alchimia celeste di William Shakespeare

“Alchimia Celeste” questo il titolo del saggio che Mauro Challier ha dedicato alle opere di William Shakespeare, da lui interpretate come un cammino evolutivo offerto a tutta l’umanità. In questa intervista ci parla della sua visione del grande autore elisabettiano.

 Shakespeare è uno degli autori più noti e commentati al mondo. Lei ne offre una visione originale, interpretandole come insegnamenti volti all’evoluzione dell’umanità. Che cosa l’ha spinta a vedere Shakespeare in questa luce?
L’astrologia esoterica afferma che prima dei 21 anni si ripassano le vite precedenti; e sicuramente vi sarà capitato di percepire come il suono di un campanello d’argento nella coscienza, una risonanza profonda in riferimento a certi luoghi (in cui magari non siete mai stati fisicamente nell’incarnazione presente) o a certi periodi storici… Ebbene, tenendo conto del fatto che i miei “campanelli” sono solo due (l’Atene di Pericle e la Londra elisabettiana) e che la mia passione per Shakespeare è cominciata molto prima dei 21 anni, è probabile che avessi già incontrato i suoi capolavori in passato e avessi già cominciato a meditarci su e a studiarne il senso profondo. Il mio interesse per la filosofia esoterica e gli insegnamenti spirituali delle varie tradizioni, accompagnato e sostenuto dalla mia straordinaria famiglia, insieme alla quale ho compiuto studi approfonditi in tal senso, è cominciato nell’adolescenza. È stata quindi una conseguenza naturale cercare di fondere i due percorsi e studiare le opere shakespeariane alla luce degli insegnamenti esoterici che andavo via via scoprendo. Toccare con mano quanto fossero affini è stato davvero entusiasmante!

A una prima lettura, certe opere di Shakespeare possono apparire ispirate a una morale ormai anacronistica, ad esempio la vendetta, l’occhio per occhio. Lei come le vede?
L’umanità in ogni momento della sua storia si esprime secondo il livello di coscienza che ha raggiunto; c’è stato un tempo in cui la vendetta era la norma e non potevamo fare diversamente, quella era la nostra vibrazione. La cosa grave sarebbe rimanere all’interno di quella vibrazione poco raffinata e ormai superata, una volta che la nostra presa di coscienza ci abbia portato oltre. Sarebbe un intralcio grave al nostro procedere lungo il sentiero evolutivo. Se nelle opere ci sono dei personaggi che si aggrappano ad una morale anacronistica (e a proposito di “occhio per occhio” non può non venire in mente l’esempio più eclatante, Shylock ne Il Mercante di Venezia!), non bisogna pensare che Shakespeare approvi ed avvalori quella visione, al contario… Crea delle storie che ci aiutano ad evolvere, perché finalizzate a farci capire che bisogna andare oltre quel modo di pensare e vivere. Come umanità, avendone fatto ampiamente esperienza, ormai sappiamo che la vendetta non risolve nulla e non porta da nessuna parte, perché portata alla sua illogica conclusione non risparmia nessuno! Il messagero solare, il Cristo, è venuto a spazzare via la Legge di Saturno (l’occhio per occhio del Vecchio Testamento), portando una Legge più alta e onnicomprensiva, quella dell’Amore. Ebbene, con un dramma entusiasmante (il Mercante a cui accennavamo), che da un lato ci tiene incollati alla poltrona con la suspence della scena del processo e dall’altro ci offre momenti poetici che sono tra i più sublimi dell’intero canone shakesperiano (affidati alla voce di Lorenzo all’inizio del quinto atto), Will ci ripropone esattamente lo stesso messaggio!!

Certi personaggi possono parlare all’emotività (come Romeo e Giulietta, Ofelia e Amleto) certe eroine sono fin troppo dolci e perfette (come Desdemona), certe opere possono urtare la nostra sensibilità moderna (come La Bisbetica Domata). Che interpretazione ne offre Lei?
Anche se non sono ufficialmente considerate delle Sacre Scritture propriamente dette, credo che le opere shakespeariane ne facciano parte a buon diritto e a pieni voti! In quanto tali hanno molteplici livelli di lettura. Le interpretazioni a cui si accenna nella domanda appartengono ad un primo livello, più superficiale ed immediato, quello che ci propone la mentalità odierna, ma ognuno di quei personaggi rappresenta simbolicamente qualcosa di molto più profondo. Le eroine quasi sempre sono il simbolo dell’Anima, della parte spirituale del protagonista maschile, che è invece la coscienza evolvente, un concetto che ritroviamo spesso anche nei miti, nelle fiabe, nei poemi cavallereschi e in tutti gli altri drammi che si rifanno agli antichi Misteri. Possiamo citare come esempio il Chorus Mysticus, le parole che sono il sigillo finale ad un capolavoro assoluto come il Faust di Goethe: “Tutto ciò che è transitorio è solo un simbolo; l’inattingibile, qui si fa evento; l’inesprimibile, ha compimento; l’Eterno Femminino verso l’alto ci trae”. Sapendo che cosa simboleggiano, le eroine shakespeariane non possono mai sembrarci troppo perfette, è giusto che siano così, perché per il nostro livello di coscienza l’Anima è davvero la perfezione relativa a cui aspirare. La bisbetica Caterina è l’eccezione che conferma la regola, perché – dal mio punto di vista – rappresenta la personalità che viene domata dall’Anima; il suo monologo finale, che è visto come un oltraggio perché sembra sostenere ed accettare di buon grado la sottomissione delle donne, nel momento in cui viene interpretato come la personalità che si è resa uno strumento docile ed obbediente nelle mani dell’Anima, diventa immediatamente un obiettivo, un modello ed uno stimolo per tutti noi!!
È scontato che Romeo e Giulietta venga letto in modo emotivo, ma questo è solo il senso letterale e fermarsi a quello è un gran peccato (nel suo senso profondo di “mancare il bersaglio”)! Il rapporto fra i due giovani è un esempio magnifico di “nozze alchemiche”, vale a dire una perfetta fusione degli opposti (in senso verticale ed orizzontale, infatti entrambi possono rappresentare in momenti diversi uno la parte spirituale dell’altro), una fusione che si risolve in un trionfo spirituale. Ecco perché non è importante il senso letterale, e cioè il fatto che muoiano, lo sono il servizio straordinario che rendono alla comunità, riportando l’armonia in tutta Verona, e il valore di un tale conseguimento (simboleggiato dalle statue d’oro – ecco che torna l’Alchimia! – che i due padri fanno erigere in onore del genero e della nuora). In Amleto l’emotività spesso porta le persone a commiserare la “povera” Ofelia, ma è il principe di Danimarca quello che dovrebbe suscitare la nostra compassione, perché è lui a commettere un errore madornale, allontanando l’aspetto spirituale incarnato da Ofelia (che in greco significa “aiuto”, “assistenza”, “soccorso” e quale migliore assistente dell’Anima si potrebbe mai avere nel cammino della vita?). La sua luce non avrebbe dovuto essere spenta nel fossato del castello ma avrebbe dovuto guidare i passi di Amleto fino a farlo diventare un Re saggio e benevolo (simbolo non di lussi, privilegi, potere e affermazione personale, bensì di una nobiltà della coscienza, da mettere al servizio della vita e dell’evoluzione!).

Che cosa pensa dell’ipotesi secondo cui Shakespeare sarebbe stato un semplice prestanome, o addirittura non sarebbe mai esistito?
Il cosiddetto “authorship debate”, il dibattito circa la vera identità dell’autore, è per ovvie ragioni (si tratta in fin dei conti del più grande autore della loro letteratura!) molto più sentito ed approfondito in Inghilterra ed è molto più antico di quanto si possa pensare, dal momento che già durante la vita di Shakespeare circolavano dubbi su chi fosse veramente; da noi pochi ne sono a conoscenza, nonostante ne abbiano parlato eminenti studiosi (e il primo nome che viene in mente è senza dubbio Umberto Eco). Ritenendo impossibile che un umile attore di Stratford potesse aver scritto tra le più grandi opere della storia della letteratura universale, nelle quali si ritrova una conoscenza enciclopedica, che abbraccia tutti gli ambiti del sapere, si sono sbizzarriti a cercare di capire chi potesse essere l’autore di quei capolavori e sono stati fatti svariati nomi. Citerò solo la teoria che a me personalmente parla in profondità e dà degli spunti per comprendere meglio l’insegnamento velato nei drammi (perché alla fine è questo che conta, più che l’identità di qualcuno che ha fatto molta attenzione affinché si sapesse così poco di lui!). Tutto il teatro shakespeariano è simbolicamente sotto l’egida del segno zodiacale di Gemini (per tutta una serie di fattori che sarebbe troppo lungo elencare in questa sede) e infatti vi sono due persone dietro il nome “William Shakespeare”, due gemelli, se volete, l’autore e l’attore. Secondo questa visione l’autore sarebbe nientemeno che Francis Bacon, Lord Cancelliere d’Inghilterra, una figura straordinaria, l’incarnazione di un Maestro di Saggezza, come afferma l’insegnamento esoterico. Dal momento che per un nobile del tempo sarebbe stato considerato sconveniente il dedicarsi apertamente al teatro, per non essere disturbato dalla mentalità ottusa del tempo, lo ha fatto da dietro le quinte, con la collaborazione di un attore di nome William Shakespeare. Questi è stato il tramite affinché i suoi capolavori potessero arrivare in teatro ed essere messi in scena, e con ogni probabilità era un discepolo molto avanzato o addirittura un Iniziato, visto il livello della collaborazione in cui è stato coinvolto!! 

Secondo Lei il teatro potrebbe ancora avere un ruolo importante nell’evoluzione umana, anche per il fatto che le nuove generazioni leggono sempre meno?
Anche se spesso l’Età dell’Acquario è stata descritta ed interpretata in modo sbrigativo e superficiale (sarà invece un momento fondamentale della storia umana), è un dato di fatto che, seguendo la Legge dei Cicli, stiamo entrando in una nuova era astrologica, un’epoca in cui l’ordine e la ritualità avranno un ruolo di primo piano. Una rappresentazione teatrale è un rituale e fin da quando è nato il teatro (che si può far risalire ai Misteri antichi, in cui veniva drammatizzato il cammino percorso dall’Anima dell’Iniziato) è stato uno strumento per manifestare le credenze sacre. Dal mio punto di vista, non potrà non riprendere gradualmente questa sua funzione e diventare uno strumento privilegiato per trasmettere le verità spirituali, uno strumento evolutivo di una potenza strabiliante, al servizio di una cultura degna di questo nome. Teniamo sempre presente che la vera Cultura (il culto di Ur, che in Sanscrito significa Luce o Fuoco) è espressione di pensiero che produce Luce. E per quanto siano innumerevoli le messinscene che hanno offuscato la luce di quei capolavori, niente potrà impedire loro di risplendere in tutto il loro fulgore. Il fatto che adesso il teatro sia basato sulle personalità di chi lo mette in scena, registi ed interpreti, quasi fossero più importanti del messaggio dell’autore, non ci deve preoccupare e scoraggiare; sicuramente il teatro recupererà il suo posto e il suo compito, e sarà un tassello fondamentale nella costruzione di una nuova cultura e una nuova civiltà (che inevitabilmente, dato che tutto è ciclico, vedrà anche il rifiorire della passione per la lettura). Poiché l’energia segue il pensiero, immaginiamo questa autentica Cultura del futuro e impegniamoci tutti insieme a realizzarla. Come scrive Shakespeare nel Re Giovanni, uno dei drammi storici meno noti: “Rivestitevi dell’indomito spirito della risolutezza… Siate grandi nell’azione, come lo siete stati nel pensiero”.

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