Dall’ONU al lavoro spirituale: Il percorso di Cristina Michels

Dall’ONU al lavoro spirituale: Il percorso di Cristina Michels

Cristina Michels è originaria della Svizzera italiana e ha lavorato per quasi vent’anni nella difesa dei diritti umani per l’Organizzazione delle Nazioni Unite. Nel 2021 decide di lasciare l’ONU per dedicarsi a un percorso spirituale del tutto originale: attraverso il disegno e i colori, inizia a creare opere d’arte che hanno un potere di guarigione per il cuore e per l’anima. Inoltre è appassionata di astrologia e si interessa di luoghi energetici e misteriosi.

Perché hai deciso di lavorare per l’ONU?
Durante i miei studi universitari in Relazioni Internazionali a Ginevra, seguii dei corsi di diritto internazionale umanitario e dei diritti umani che mi appassionarono subito. Quegli studi mi confermarono nella convinzione che quella era la mia strada, tanto che dopo la laurea, approfondii gli studi conseguendo un master in Diritti umani dall’Università di Londra. Inoltre, durante un viaggio a New York, visitai il quartier generale dell’ONU e ne rimasi affascinata: sognai di poterci lavorare un giorno. Coltivavo anche il sogno di lavorare sul terreno, a stretto contatto con le popolazioni civili in situazioni di conflitto e di poter applicare i diritti umani nelle realtà effettive, non solo a livello teorico. Nell’estate in cui redigevo la mia tesi di master, ebbi la possibilità di partecipare ad un programma di formazione per la gestione dei conflitti, presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, che preparava a svolgere vari ruoli internazionali sul terreno, incluso in seno alle operazioni di pace dell’ONU. Lì ebbi un colloquio con una rappresentante delle risorse umane dell’ONU, la quale cercava persone con profili di interesse disposte a partire sul terreno. Mi chiese di inviarle il mio curriculum non appena avessi ottenuto il diploma di master. Quando lo feci, mi propose di partire in missione nella Repubblica Democratica del Congo.

Questa tua carriera, sicuramente molto brillante, non sembrava tuttavia predisporti alla visione spirituale che oggi impregna la tua vita.
In realtà, questa visione mi si aprì molto prima dell’inizio della mia carriera professionale.  L’evento che mi portò ad aprirmi alla mia parte spirituale fu la scomparsa improvvisa di mia mamma, a causa di un aneurisma cerebrale, quando io avevo solo vent’anni. A causa di quell’evento iniziai a pormi un sacco di domande sulla vita e sulla morte. Ricordo che il giorno del funerale, quando andai nella camera mortuaria a vedere la salma di mia mamma, dissi a mio cugino, che mi accompagnava, che dovevamo esserci sbagliati di stanza, poiché quella che giaceva lì non era mia mamma. La sua essenza non c’era più, restava solo un corpo inerte, come un abito abbandonato, che non le assomigliava affatto. Fu un’esperienza sconcertante, che allo stesso tempo mi fece capire che noi esseri umani siamo molto più di un corpo. Da lì iniziai ad interessarmi di spiritualità e a leggere i primi libri sul significato dell’esistenza, la reincarnazione e la vita oltre la vita, tra cui la Profezia di Celestino di James Redfield e i libri di Brian Weiss. Avevo quindi una doppia spinta: il percorso spirituale da un lato, la vocazione ad alleviare la sofferenza umana dall’altro.

Torniamo al tuo percorso professionale…
Quando ricevetti la proposta di partire sul terreno con l’ONU in Congo, ero felicissima, perché il mio più grande desiderio si stava realizzando! Arrivai in Congo a fine 2002. Fui inviata all’Est del Congo, dove il mio lavoro consisteva principalmente nel raccogliere testimonianze di vittime di violazioni di diritti umani, i cui presunti autori erano i membri dell’esercito, della polizia congolese o di vari gruppi armati presenti nel settore in cui mi trovavo. Lavoravo soprattutto sulla tematica della violenza sessuale, poiché lo stupro e altre forme di violenza sessuale venivano utilizzate come strumento di guerra per rovinare l’esistenza non solo delle vittime stesse, ma di intere comunità ed etnie. Era una realtà sconvolgente. La documentazione di questi abusi serviva vari scopi, incluso la costituzione di dossier, che potessero un giorno essere utilizzati nella lotta contro l’impunità. Dopo due anni in Congo, nel 2005 partii alla volta di Haiti con la nuova missione di pace ONU appena creata in seguito a una decisione del Consiglio di Sicurezza. Lì lavorai assieme a un team di poliziotti delle Nazioni Unite, svolgendo inchieste sui casi più gravi di violazioni di diritti umani commessi dai membri della polizia haitiana. Questi casi venivano considerati, tra l’altro, nel contesto della riforma istituzionale della polizia che era in corso. Dopo queste esperienze sul terreno, mi trasferii a Ginevra. Per anni lavorai per l’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, formando colleghi sul campo su come documentare violazioni di diritti umani. Ebbi anche l’opportunità di tornare a lavorare sul terreno in Palestina per qualche mese, sempre per l’Ufficio dei diritti umani.

Eri sempre entusiasta dell’operato dell’ONU?
Fin dall’inizio della mia carriera in Congo, cominciai a notare delle gravi pecche, per esempio nell’operato dei Caschi Blu, che non di rado perpetravano a loro volta degli abusi, incluso di natura sessuale, ad esempio mettendo incinte delle donne, anche minorenni, che poi abbandonavano alla loro sorte quando rientravano nel loro paese a fine servizio. L’ambiente delle missioni di pace era prettamente militare e maschile, dove vigeva l’omertà. La realtà era difficile da vivere persino per le poche donne civili che, come me, operavano in quella situazione. Figuriamoci per la popolazione locale, che si trovava in una chiara situazione di svantaggio e disparità economica rispetto ai rappresentanti delle Nazioni Unite. Ad Haiti, osservai le stesse identiche dinamiche.

Quindi ti sei subito posta delle domande sull’operato dell’ONU?
Quando iniziai a lavorare per l’ONU avevo 27 anni e per certi aspetti ero molto ingenua e idealista. Chiaramente vedevo molte situazioni che mi indignavano, ma le attribuivo a difetti puntuali, a singole persone, al disfunzionamento o alla disorganizzazione di un enorme apparato burocratico, ma non all’Organizzazione stessa come tale. Solo con il passare degli anni mi resi conto sempre di più che la corruzione, l’abuso di potere o il favoritismo erano molto più diffusi di quanto pensassi e che toccava anche i livelli più alti. Durante gli anni in cui lavorai a Ginevra, per due anni feci parte di un comitato sindacale di difesa di diritti del personale dove ricevevo informazioni, spesso in forma anonima, di colleghi impauriti che subivano discriminazioni e abusi di potere di vario tipo da parte di colleghi o superiori. All’inizio pensai ingenuamente che le cose si potessero cambiare dall’interno, ma ben presto mi accorsi di aver a che fare con una struttura estremamente potente, i cui vertici (nominati a livello politico) agivano senza alcun interesse per il benestare del personale, anche se ai livelli inferiori c’erano persone in gamba e in buona fede che credevano in ciò che facevano. Un altro fattore che mi portò a rivedere profondamente la mia opinione sull’ONU fu la censura cui venivano sottoposti i rapporti sulle violazioni dei diritti umani che avvenivano in certi paesi considerati “protetti” da alcuni Stati membri. Nei casi più sensibili, gli ordini di stralciare o di edulcorare informazioni scomode arrivavano direttamente dalla sede principale a New York.

Quando hai deciso di lasciare l’ONU?
La proverbiale goccia che fece traboccare il vaso arrivò con il Covid nel 2020. Già precedentemente avevo pensato più volte di dare le dimissioni, ma ammetto che mi trovavo in una sorta di trappola dorata. Avevo un contratto sicuro e permanente fino alla pensione, che mi ero guadagnata negli anni. Inoltre, svolgevo un lavoro che mi appassionava e in cui credevo. Il Covid fu l’ennesima doccia fredda. Quando cominciai a vedere come l’Organizzazione Mondiale della Sanità dirigeva la narrativa e imponeva misure sempre più draconiane, soprattutto con i vaccini, capii che esisteva un disegno ben preciso di pilotare le cose in una certa direzione e che tutto era stato pianificato da tempo nei minimi dettagli. Realizzare tutto ciò fu per me un vero trauma, perché fino ad allora non ero consapevole del vero scopo dell’Organizzazione, che purtroppo è diametralmente opposto a quanto viene fatto credere pubblicamente. Così, ad inizio 2021 presi un congedo di un anno non pagato per riflettere su cosa fare della mia vita e tornai a vivere in Ticino. Ero stanca, amareggiata e ferita da tutto quello che avevo compreso, e mi sentivo profondamente arrabbiata con me stessa e con l’Organizzazione. Dopo solo sei mesi, decisi di dare le dimissioni e di chiudere per sempre quel capitolo della mia vita.

Quando hai iniziato a disegnare?
Cominciai qualche mese dopo che ero tornata in Ticino. Ricordo che un giorno trovai tra le mie cose una scatola di matite colorate che avevo comprato anni prima e che avevo a malapena toccato. Tolsi dalla scatola tutti i colori che non mi piacevano e lasciai solo quelli che mi trasmettevano pace, gioia e armonia. Istintivamente, presi un foglio e disegnai una cascata. Quell’immagine simboleggiava tutto ciò che avevo appena lasciato andare e l’immenso potenziale che si apriva per me nell’istante presente. Mi sentii così serena nel mettere quella visione su carta che per mesi continuai a disegnare. Si trattò di un vero e proprio processo di guarigione. Inoltre, per ogni disegno iniziai a descrivere il potere di guarigione specifico che sentivo conteneva una sorta di “medicina vibrazionale” per l’anima. Ovviamente ero guidata spiritualmente, ma non ne ero pienamente consapevole. Numerose persone attorno a me rimasero molto colpite dai miei disegni e dall’effetto che avevano su di loro: un immediato senso di pace e serenità e buone vibrazioni.
Tutto ciò mi incoraggiò a creare un sito con quella che chiamo la mia Arte ispirata dal Cuore. Oltre ai disegni originali, realizzo calendari, biglietti d’auguri e stampe, ordinabili online. Poi mi venne l’idea di scrivere e illustrare un libro per bambini, spinta dalla volontà di condividere le mie esperienze e lezioni di vita con i più piccoli. Per sei mesi disegnai delfini e altri animali marini, senza avere la più pallida idea della trama della storia, ma con la fiducia che sarebbe arrivata al momento opportuno. Poi, magicamente arrivò anche quella, e così nacque “Maia e la collana magica”. Oggi alcuni clienti mi chiedono anche dei disegni personalizzati. Mi è capitato ad esempio con una medium inglese che mi chiese di farle un disegno. Accettai, anche se con un po’ di timore, e mi sentii ispirata a disegnare un colibrì con un fiore di ibisco. Quando ricevette il disegno, la medium mi scrisse che il colibrì aveva un significato particolare per lei e che il disegno le risuonava molto. Amo anche disegnare animali, figure astratte e luoghi speciali energetici che ho visitato nel corso degli anni, tra cui Sedona in Arizona, il Tempio del Giaguaro in Guatemala, Stonehenge e Glastonbury in Inghilterra, e le piramidi bosniache.

Ti interessi quindi di certe scoperte archeologiche “proibite”, soprattutto in Bosnia. Ci sei andata grazie all’ONU?
No, ho scoperto la Bosnia e Erzegovina solo nel 2022, dopo che avevo già lasciato l’ONU. Da tempo avevo sentito parlare delle piramidi bosniache e ne ero affascinata. Le piramidi furono scoperte nel 2005 a Visoko, una località a nord-ovest di Sarajevo, da un archeologo bosniaco che notò subito la geometria piramidale il cui orientamento corrispondeva ai punti cardinali. A prima vista possono sembrare delle colline perché sono completamente ricoperte da depositi di terra e da vegetazione. Si tratta in realtà del complesso di piramidi più antico al mondo, con strutture sottostanti composte da blocchi in calcestruzzo artificiale o di lastre di arenaria e argilla. Secondo la datazione al carbonio, le piramidi hanno almeno 28.000 anni e non si sa quale civiltà le abbia costruite e a quale scopo. Un team di esperti in fenomeni energetici ha stabilito che la piramide del Sole, alta 220 m, sia di fatto un enorme amplificatore che emana diversi tipi di energia. Questo permetterebbe di effettuare comunicazioni a lunga distanza, attraverso le onde scalari emesse dalla sommità della piramide, con altre civiltà nel nostro sistema solare o ben oltre. E anche stato scoperto un vastissimo reticolato di tunnel, camere e corsi d’acqua sotterranei nei pressi delle piramidi, che si può visitare, dove l’energia presente ha un effetto rigenerante e curativo sul corpo umano, grazie alla presenza di onde elettromagnetiche benefiche, di ultrasuoni alla frequenza di 28 kHz e dell’elevata concentrazione di ioni negativi nell’aria. Secondo altri studi, i vegetali che crescono sulle piramidi sono molto più rigogliosi che altrove. Per chi fosse interessato a visitarle, organizzo dei viaggi in Bosnia alla loro scoperta.

Disegno di Cristina Michels: Tempio del Giaguaro. Parole chiave: Coraggio, Luce e Oscurità, Integrità, Forza, Chiarezza Mentale.
Potere di Guarigione: contribuisce a vedere il proprio lato oscuro emotivo, causato da traumi, dispiaceri o dolori emotivi del passato,  a lasciarlo andare audacemente e a trasmutarlo nella luce della comprensione dell’anima. Dà il coraggio di affrontare il male e il lato “ombra” nelle persone e nell’umanità, mantenendo la propria equanimità, integrità e forza. Aiuta inoltre a ridurre il pensiero dispersivo o superficiale e le distrazioni mentali e a sviluppare un un’attenzione focalizzata, un’acuta percezione sensoriale e uno stato più vibrante di coerenza e chiarezza mentale.

 

Arte Ispirata dal Cuore: https://healingcolours.art o https://cristinamichels.com

Contatto: cristina@healingcolours.art

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