La vita dell’uomo alla luce dello zodiaco

La vita dell’uomo alla luce dello zodiaco

Gabriele Rosmarie Paulsen è naturopata e terapeuta. Vive tra Roma e la Germania e propone seminari anche in Ticino. Nell’intervista intitolata “Lungo la via del Sé” (Mutamenti, 16 gennaio 2019) ci aveva parlato del percorso di profonda ricerca personale che l’aveva portata da un’attività di manager a quella che svolge attualmente.
Recentemente Gabriele Rosmarie Paulsen ha pubblicato presso Anima edizioni un libro intitolato “Camminare sulle orme dell’anno solare” nel quale, basandosi sulla filosofia ermetica a lei cara e citando anche autori più vicini a noi come Thorwald Dethlevsen, Rüdiger Dahlke e C.G. Jung, traccia uno schema ideale della vita umana, basandosi sullo zodiaco e sul percorso solare, come annuncia il titolo. Nel corso della vita, scrive Gabriele Paulsen, percorriamo tutto il mandala solare che inzia con il segno dell’Ariete, carico di energia ed espansione vitale,  corrispondente al concepimento e alla nascita, per teminare nella dissoluzione dell’Acquario e dei Pesci, prefiguranti distacco dell’anima dal corpo e il suo prepararsi ad una nuova incarnazione. Tra questi due poli l’essere dovrà passare attraverso non poche prove che consistono nella pubertà, contrassegnata dall’identificazione con un genere. Seguono l’espansione dell’io  (Leone) La maturità e l’indipendenza dai genitori, la scelta di un partner e la vita di coppia con tutte le sue gioie e le sue difficoltà che portano a confrontarsi con l’ombra, la nascita dei figli, la carriera, per poi raggiungere l’autunno della vita con la Bilancia e soprattutto lo Scorpione, che porta ad un ripiegamento su se stessi e prepara all’inverno del Capricorno, e infine alla dissoluzione dell’Acquario e dei Pesci.
La lettura del libro “Camminare sulle orme dell’anno solare” fa sorgere numerose curiosità. Abbiamo chiesto a Gabriele Rosemarie Paulsen di rispondere ad alcune domande.

Il percorso della vita umana, così come lo traccia il mandala astrologico, si divide in quattro tappe di 21 anni ciascuna. Quindi, superato il ventunesimo anno di età, l’essere umano dovrebbe aver lasciato l’infanzia per entrare nell’età adulta. Ai nostri giorni tuttavia vediamo che il comportamento adolescenziale, si prolunga ben oltre i ventuno anni, tanto è vero che vi sono trentenni che vivono ancora con i genitori e si mostrano timorosi di affrontare il mondo.
A che cosa è dovuto questo fenomeno?

A mio modo di vedere, si tratta di un comportamento dovuto al desiderio o alla pretesa dei genitori delle generazioni più giovani, di essere amici dei propri figli. Un simile fenomeno impedisce loro, praticamente, di vivere quella ribellione contro la disciplina imposta dai genitori che è parte dell’adolescenza. In questo modo, oggi, adolescenza ed età adulta si fondono. I giovani devono trovare i propri amici fuori dalla famiglia e, se non esiste un certo rigore in casa, gli adolescenti non sono spinti a ribellarsi, a uscire e a scoprire il mondo. Inoltre un tempo i giovani dovevano conquistare l’indipendenza per poter studiare, viaggiare, imparare nuove lingue e così via. Oggi viviamo in una società in cui tutto è a portata di mano: studi, viaggi, orizzonti aperti. In pratica non c’è più niente di materiale per cui lottare. Il compito dei genitori sarebbe di lasciare i figli di più nel bisogno, invece di soddisfare ogni loro richiesta. È “dal bisogno” che nasce “il bisogno” di mettersi al lavoro e diventare adulti. Come ho sottolineato nel libro, l’adolescenza esige anche la scelta di un ruolo polare: diventare uomo o donna o comunque sia, definirsi, individuarsi e lasciar andare la neutralità che caratterizzava la vita del bambino, osare per arrivare al margine del mandala di vita, dove il pulsare dei poli e la conseguente separazione dal centro si avverte maggiormente. È un passaggio che esige l’assunzione di responsabilità e la rinuncia all’idea del perfetto mondo infantile in cui si è protetti e nutriti senza la necessità di compiere sforzi.

Parlando proprio del ruolo maschile o femminile, oggi si ha l’impressione che un numero crescente di giovani rifuggano anche da questa scelta. Non a caso si parla di fluidità di genere…
Nello zodiaco, su cui ho basato il mio lavoro, questa fluidità, questa androginia, viene contemplata, ma si tratta di un momento legato al segno dell’Acquario, che corrisponde alla vecchiaia. Personalmente credo che il fatto di essere attualmente nell’Era dell’Acquario ci pone come meta spirituale l’integrazione del maschile con il femminile. Ma attualmente, a mio avviso, il processo avviene solo a un livello fisico e non spirituale che sarebbe il vero compito e compimento.

Anche se in questi ultimi decenni la donna ha conquistato un’importanza nella vita sociale che un tempo non poteva nemmeno sognare?
È un fatto che oggi si fa molto per redimere il femminile, ma se guardiamo il fenomeno nell’ottica dello zodiaco, ci si limita a permettere alle donne di svolgere ruoli maschili. Nella nostra società gli aspetti Yang dell’archetipo maschile, ossia l’attività, il fare, il movimento, il successo sono apprezzati a scapito dello Yin dell’archetipo femminile che consiste nella passività,nell’attesa, nel dare peso all’interiorità, al sentimento, alla riflessione. Sono caratteristiche queste tipiche dei segni femminile d’Acqua e di Terra, come per esempio il Cancro o il Toro.  Una vera rivalutazione del femminile consisterebbe nel fatto che tutti, uomini compresi, sviluppassero e apprezzassero queste qualità come complementari ed equilibranti. Pensiamo ad esempio a Hermann Hesse, un grande scrittore, nato sotto il segno del Cancro, che nelle sue opere ha espresso, con grande profondità e poesia, un archetipo squisitamente femminile. Ma, dato che la nostra società è essenzialmente meritocratica, siamo portati a valutare maggiormente le proprietà dei segni attivi, legati agli elementi maschili come Fuoco e Aria.

Veniamo all’ultimo quarto del mandala, quello che corrisponde alla vecchiaia. Anche in questo caso la nostra civiltà materialistica vive questa parte della vita con estrema difficoltà, occultandola quasi come una vergogna…
Infatti tentiamo di nasconderla con tutti gli interventi estetici che la tecnica moderna ci offre. Invece la vecchiaia dovrebbe essere il momento supremo del cammino di vita, quando l’essere umano ha abbandonato tutti gli aspetti materiali e ha trovato il proprio nucleo interiore, avendo fatto il lavoro interiore nel precedente quarto di vita con la Bilancia, lo Scorpione e il Sagittario. La Bilancia ci fa capire che l’altro è un riflesso di noi stessi, lo Scorpione ci fa incontrare la nostra Ombra e il Sagittario ci indica la via spirituale. Il Capricorno e l’Acquario ci invitano a vivere l’esistenza del vecchio saggio, o della vecchia saggia, che non ha più bisogno del mondo materiale, ma ha molto da dare a quel mondo, grazie alla propria saggezza e perché è già connesso in qualche modo con lo spirito. Infatti la depolarizzazione dell’Acquario ci porta ai Pesci che sono l’apertura verso il Numinoso. Quindi la vecchiaia dovrebbe essere l’apice dell’esperienza terrena. Purtroppo abbiamo perso la profonda conoscenza che sta dietro lo Zodiaco. È proprio questo il motivo per cui ho scritto il libro, perché il recupero di questa conoscenza mi sta molto a cuore. Sarebbe molto bello se riprendessimo questo sapere e questo cammino suddiviso in quattro stagioni, comprendendo quali sono i rispettivi passaggi da vivere e quali sono gli elementi che determinano la vita nelle sue quattro fasi. È un processo che darebbe un senso più profondo alla nostra esistenza e ci ancorerebbe nuovamente al Divino, dentro noi stessi. Esiste una profonda connessione tra essere umano, natura e Spirito Cosmico.

Il distacco da questa filosofia è anche legato alla non credenza in una vita dopo la morte…
Infatti, mentre lo zodiaco ci spiega molto bene che quando siamo nel periodo dei Pesci – a marzo di ogni anno solare – siamo tra un inverno che sta per finire e una primavera che sta per iniziare, la società moderna ci induce a pensare che morire significhi finire. Ma questo per la visone ermetica archetipica non è cosi. Si tratta della Legge del Ritmo, una delle sette leggi universali e la possiamo applicare anche alla nostra vita. Ogni fine corrisponde sempre ad un nuovo inizio.  Avviene così in natura e per quale motivo non dovrebbe essere applicabile anche alla vita dell’essere umano essendo una condizione universale?

Il tempo che stiamo vivendo sta portando a galla molti dei problemi legati alla nostra civiltà. Da un lato i viaggi e gli spostamenti diventano difficoltosi e d’altro canto la presenza del virus non ci confronta  proprio con la paura della morte, tipica della nostra cultura?
In questo momento vediamo molto bene due ombre della nostra società. Se vogliamo interpretare in modo simbolico e spirituale il significato del Coronavirus, vediamo innanzitutto che si tratta di un invito a “stare dentro”, a riscoprire la nostra interiorità, a meditare sulla nostra essenza divina, rinunciando almeno in parte all’estroversione che finora ha caratterizzato il nostro mondo. Il secondo punto da notare è la scoperta di quanto la paura della morte ci condizioni, ci paralizzi e quanto ci renda facili prede della manipolazione. Tutto ciò è dovuto alla nostra incapacità di relazionarci con questo ultimo passaggio della vita. Anche la medicina contribuisce a farci credere di poter vincere la morte. È tempo che ci rendiamo conto che si tratta di un’illusione e che riprendiamo contatto con questa grande signora, maestra e custode di questo importante passaggio. Del resto lo zodiaco ci dà della morte una visione liberatoria, legata al segno femminile dei Pesci, che ci parlano del fluire, dello straripare dei fiumi, della grande delimitazione insita in ogni lasciarsi andare e della fiducia nel Numinoso. Al contrario la nascita, legata al segno maschile dell’Ariete, ci parla di lotta, di sopravvivenza, di sangue, ed è a ben vedere molto più inquietante.

 

 

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