Sciogliere i blocchi energetici

Sciogliere i blocchi energetici

 

È nata in Ticino, dopo aver trascorso vent’anni a Parigi e dieci anni a L’Avana, oggi fa la spola tra Francia, Cuba e la Svizzera italiana. Tania Negrini è un’autentica giramondo la cui curiosità non si limita al viaggio ma spazia anche su tradizioni e medicina alternativa. Da anni ormai pratica una forma di terapia energetica di cui oggi ci parla con l’entusiasmo e il realismo che la caratterizzano.

 

Che metodo di cura usi ?
Il metodo si chiama Étiomédecine ed è stato fondato negli anni Ottanta dal medico francese Jean-Louis Brinette. Brinette, che aveva iniziato la carriera come medico generalista, era frustrato di vedere che i suoi pazienti tornavano sempre con gli stessi sintomi. Decise quindi di trovare un metodo che gli permettesse di andare alla radice della malattia e fosse un‘alternativa alla sola somministrazione di farmaci. Per lui fu fondamentale l’incontro con l’Auricoloterapia del dottor Paul Nogier, un altro francese che a sua volta si era ispirato alle medicine orientali e in particolare all’agopuntura. Per tornare all’Étiomédecine, il metodo si basa sull’ascolto del polso, secondo il sistema elaborato da Nogier, una reazione arteriosa che dà un’indicazione non verbale ma corporea sul problema che stiamo trattando. In sostanza, dato che tutte le informazioni sono energia, il metodo consiste nella ricerca delle informazioni che sono rimaste bloccate e accompagnare la presa di coscienza della persona in sincronia con il suo sentire.

Voi quindi non toccate il paziente se non sul polso?
Infatti, anche se, quando si è sensibili, si percepisce esattamente su quale parte del corpo si sta lavorando. Comunque la tecnica è in continua evoluzione.

Che cosa cura l’Étiomédecine?
Non uso volentieri questa denominazione in quanto non sono medico e parlare di medicina è sempre un po’ delicato. Personalmente mi ritengo un’antenna che con la sua presenza può accelerare la presa di coscienza da parte del paziente di tutta una serie di blocchi generatori di automatismi che complicano la vita. Ciò che emerge è solitamente ciò che la persona è pronta a lasciare andare, non si forza niente. Oltretutto, essendo una terapia poco verbale, si cerca di non entrare nel mentale per lasciare più spazio al sentire.

Non si parla quindi?
Vi sono alcune parole chiave, ma il dialogo è minimo. Addirittura quando si inizia la sessione, si verifica con il polso che ci sia l’autorizzazione ad iniziare la terapia.

Come avviene la seduta?
La persona è sdraiata su un lettino e il terapeuta è seduto vicino per prenderle il polso. Una sessione dura in genere dai trenta ai quarantacinque minuti.

Che cosa si ottiene con lo scioglimento dei blocchi?
Dipende. Può essere che lo sblocco agisca a livello fisico, mi è capitato ad esempio, quando ho scoperto il metodo facendomi trattare, di veder sparire un mal di schiena. In altri casi vi è un miglioramento di certi rapporti famigliari o sociali. A volte gli effetti dello sblocco sono immediati, in altri invece si manifestano dopo un certo periodo di tempo. Dopo circa quindici anni di contatto con il metodo come paziente, ho deciso di diventare terapeuta a mia volta. Lo vedo soprattutto come un metodo preventivo, un modo per evitare che uno squilibrio energetico degeneri in malattia.

Che frequenza dovrebbero avere le sedute?
Due tre volte l’anno, direi. Si tratta di una forma di controllo dal quale si esce con un’energia rinnovata e un cuore più aperto alla vita.

Come è possibile raggiungere dei blocchi inconsci?
Sono inconsci, ma in quella situazione, quando la persona è aperta è possibile sbloccare l’energia. Certo, è richiesta una certa collaborazione da parte della persona trattata che deve riconoscere le parole chiave dette dal terapeuta in sincronia con il suo sentire e poter così trasformare la sua sofferenza in esperienza. Questi infatti riceve un’informazione molto ampia, sta poi al paziente confermare quanto percepito dal terapeuta in modo da puntare il dito sul problema concreto, collegando questo sentire con la sua storia personale.

Che origine hanno i blocchi? Che cosa li causa?
Possono essere di varia origine. Alcuni risalgono a certe immagini dell’inconconscio dell’umanità, quello che Jung chiamava inconscio collettivo, altri invece sono legati in modo specifico alla storia della persona. L’esperienza personale può risalire alla vita intrauterina, al parto o a qualsiasi momento della vita.
A volte si è convinti che un certo malessere sia recente e causato da un fatto avvenuto poco tempo prima, mentre si tratta di qualcosa che trae origine da un fatto molto più vecchio. Succede che, ciò che non è stato risolto nell’infanzia, si ripresenti regolarmente sotto altre vesti nel corso della vita.

Questo tipo di terapia è ben accettato dalle persone?
Ciò che mi preme di sottolineare è che si tratta di un lavoro energetico, non di magìa. Il terapeuta non sta operando nessun miracolo, come dicevo, è un’antenna, una presenza che accompagna un’altra persona senza giudizi e con empatia.

Si può autotrattarsi?
No, non è possibile. Gli stessi terapeuti hanno bisogno di affidarsi ai colleghi e questo mi piace perché pone l’accento sulla solidarietà e anche sull’umiltà.

Chi sono coloro che praticano questa forma di terapia?
In maggioranza si tratta di fisioterapisti o di osteopati. Personalmente sono un po’ atipica poiché provengo da tutt’altra formazione e sono stata spinta ad approfondire il tema dai successi che ho riscontrato personalmente.

 

 

 

 

 

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